venerdì 23 gennaio 2009

Nel merito: o dei secchioni (lezione 2°).


Dov'ero rimasta? Ah già, al sospirato posto fisso di ruolo, ambita chimera dei miei tempi, per il quale si faceva di tutto e poi , finalmente raggiunto ci si poteva rilassare e mettersi in panchina, tanto niente e nessuno avrebbe potuto mai e poi mai smuoverci di lì, forse solo un omicidio.
Almeno per molti è stato così, purtroppo io sono stata allevata con delle regole morali e comportamentali, che mi hanno sempre molto intralciato, e infatti sono arrivata alla pensione senza un ombra di avanzamento, nemmeno di quelli che si danno nell'esercito da caporale a caporal maggiore e si ottengono solo grazie all'invecchiamento.
Non volevo parlar di me, ma fare alcune considerazioni frutto delle mie esperienze passate. Il merito qui in italia è un grosso impaccio. La persona meritevole è per forza di cose un rompiballe, per raggiungere degli obbiettivi necessita di risorse, di collaborazioni, di dinamismo.
Rompe degli equilibri statici e mescola acque che andrebbero lasciate calme, quindi è un individuo scomodo, che rischia di rimanere isolato e anche ai capi risulta antipatico, perchè se uno è bravo anche i capi lo devono essere, magari un po' di più, per non farsi oscurare.
Il "capo" medio , diciamo per esempio un professore di prima o seconda fascia universitario, di una certa età e con orizzonti limitati, non ama circondarsi di giovani efficienti, attivi e brillanti. Questi infatti vogliono fare ricerca, pubblicare, presentare i risultati alle conferenze, aggiornarsi all'estero, tuttociò oltre che mettere in ombra il capo, costa, e per avere fondi bisogna produrre, o per lo meno fare progetti di ricerca e richiesta di finanziamenti. La stragrande maggioranza dei baronetti di cui sopra invece, fa quel minimo di attività didattica e di ricerca per sopravvivere in un tranquillo tran-tran. Bisogna inoltre pensare che per istruire e delegare e circondarsi di menti capaci per far crescere il gruppo, occorre anche una buona dose di apertura mentale, nonchè di altruismo.
Il giovane pupillo e delfino di un mediocre capetto, può essere solo un parente prossimo, magari figlio o genero, che assicuri una continuità genetica al bel viver, oppure in carenza di eredi diretti, un lacchè servizievole e non esigente, che si accontenti di borse e contratti per lunga pezza e a tempo debito possa raccogliere il testimone e proseguire le gesta del maestro. Ci si può ben immaginare con quali conseguenze sulla "qualità" a lungo termine.
Quindi la riforma che dice di voler applicare una selezione "meritocratica" nell'università, mi fa amaramente sorridere. Anche la valutazione degli atenei su base economica, cioè più virtuosi quelli che spendono meno, mi pare controproducente.
E' verissimo che nell'università ci sono sprechi, ma per contenerle basterebbe dare un bel taglio ai 5.545 diversi tipi degli inutili e clonati corsi universitari esistenti. Ai soliti miei tempi una mezza paginetta bastava ad elencarli tutti : ora c'è una pletora di corsi dai nomi altisonanti e misteriosi con pochi studenti, e atti a sfornare solo nuovi disoccupati.
E la trovata del tirare a sorte i componenti la commissione dei concorsi, per renderli più trasparenti, è un classico dell'italo ingegno politico per dare fumo negli occhi ai cittadini più sprovveduti. Chi vive dentro questi meccanismi sa benissimo come funzionano i concorsi. Meglio abolirli del tutto, si viene assunti per chiamata con i titoli appropriati, sarebbe meno ipocrita e meno dispendioso. In alcuni istituti di ricerca all'estero funziona così, si viene assunti perchè "eccellenti " in quel campo, e perchè si è utili. Oppure facciamoli davvero seri, e chiamiamo commissioni dall' estero per avere meno rischio di coinvolgimento e conoscenze e "parentele". E le università vanno valutate per quanto rendono (in termini di ricerca) e per la qualità didattica che erogano, in relazione alla spesa, e non per quanto costano e basta, andrà a finire che saranno premiate le peggiori che non spendono perchè non fanno. Insomma basterebbero poche regole di buon senso per rendere l'università e la scuola competitiva, e per promuovere innovazione e ricerca, cose che all'uomo della strada sembrano inutili ma che invece sono il perno fondamentale di cui ha bisogno un paese come il nostro per non arretrare sempre più.
Le considerazioni sull'università sono estensibili anche ad altri ambienti lavorativi, ovviamente, e ogni riferimento a persone o cose realmente esistenti è totalmente intenzionale.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ben detto Sandra!!!
Ma mi sa che il buon senso non è un connotato di questo e altri governi...meglio una buona dose di fumo negli occhi che confonda le idee e renda i grulli appagati.
Ma del resto bisogna anche avere qualche esperienza diretta nell'ambiente per comprendere appieno le castronate che vengono sparate dai nostri( ..io non li ho eletti e li devo subire)governanti.
Da considerare tra gli sprechi anche la pletora di sedi distaccate e università minori in zone improponibili, che sicuramente hanno portato voti a qualche politico promotore indigeno.

Anonimo Istriano