domenica 18 settembre 2011

Medico cura te stesso.

E' d'obbligo un "sequel" sull'argomento dei quiz per l'ammissione alla facoltà di medicina; nel post precedente, mi era sfuggita la famosa domanda sulla grattachecca. Ma dico io: i compilatori dei test come e dove se le trovano queste "chicche"?? Questa gratta-checca non l'avevo mai sentita nominare, penso che la gestora del chiosco sarà grata della pubblicità.
Torno sull'argomento perché mi sento coinvolta sulla questione facoltà di medicina.
C'è un dilemma tutto italiano che riguarda i numeri: da una parte si legge che c'è un sovrannumero di medici rispetto al fabbisogno, da un'altra pare che presto ci sarà carenza e toccherà importare laureati in medicina da india e altri paesi. Idem dicasi degli infermieri, già ora molti sono di altra nazionalità, però i concorsi pubblici , quando ci sono, vengono presi d'assalto.
Non è difficile spiegarne i motivi. Prima di tutto i presidi di facoltà, o chi per loro, non hanno le idee chiare sul reale bisogno di laureati in proiezione nei 5-6 anni a venire. Questa è una grossa pecca dell'università, completamente avulsa dal mondo del lavoro e dell'impresa, in tutti i campi, non solo medico.
Poi basta considerare l'altissimo numero di medici precari che per poca e incerta paga tengono in piedi reparti e servizi indispensabili alla sanità; e aggiungo biologi, perché ne conosco in prima persona.
Si parla degli sprechi, che sicuramente ci sono e vanno controllati, ma nessuno mai parla di quale risparmio la sanità pubblica fa' sulla pelle di tanto personale sottopagato e non inquadrato regolarmente.
Per quanto riguarda gli infermieri...ora tutti "laureati", quindi non più propensi alla cura della persona, quanti ne servono realmente in ogni reparto, a fare da manager di corsia, e  invece quanto personale di vecchio stampo, cioè quelle infermiere cosiddette generiche che un tempo aiutavano i malati a lavarsi, andare in bagno e così via, sarebbe utile?
Adesso se qualcuno ha avuto come me purtroppo l'esperienza di un ricovero ospedaliero, potrà rendersi conto di quanto personale si aggira fra i letti, con compiti ben definiti e non elastici: la caposala sta nel suo gabbiotto con le cartelle e la gestione di tutto, l'infermiere/a misura la pressione, fa' i prelievi, distribuisce la terapia, le pulitrici dipendenti di imprese esterne, di primissima mattina, puliscono veloci pavimenti e suppellettili. L'allettato che non può muoversi, se vuole un bicchiere d'acqua, può suonare il campanello e armarsi di santa pazienza. Del resto è un paziente per definizione.
Alla fine il problema si riassume proprio qui: il centro di tutto dovrebbe essere proprio lui, il paziente. Invece è l'ultima, ultimissima rotella di un sistema che ormai viene definito "azienda", ma che tale non dovrebbe assolutamente essere. La salute non è mica un prodotto che si scambia o si vende, le strutture sanitarie non possono essere finalizzate al lucro, è un servizio per il cittadino, pagato con te tasse.. di chi le paga.
Ed il medico, figura centrale e chiave di tutto, dovrebbe riacquistare quella identità di persona preparata, a cui si affidano vite, che sceglie un percorso difficile di istruzione, ma anche di umanità, per vocazione. Ho seri dubbi che l''università sia in grado di selezionare queste figure.

venerdì 9 settembre 2011

Ma la vita è tutta un quiz?

Quando andrete da medico nel futuro prossimo venturo, se il medico è abbastanza giovane, potrete amabilmente conversare con lui di letteratura, chiedergli di fare un analisi di un testo, e potrete perfino farvi aiutare a risolvere un quizzino matematico che da giorni vi fa' impazzire (del tipo se ho 10 palline bianche e 7 nere in un cassetto, pescando tre volte alla cieca che probabilità avrò di pescare una pallina bianca?).
Se poi vorrete pure una diagnosi e una cura corretta, allora la musica cambia.
Mi riferisco ai test di ingresso alla facoltà di medicina, che com'è noto da alcuni anni è a numero chiuso, e per accedervi bisogna superare un test da fare invidia agli incalliti ed accaniti appassionati di enigmistica e definiti nell'ambiente come "solutori più che abili". Se non ci credete cliccate QUI e provate a risolvere qualche quiz.
Vi assicuro, che io pur piccandomi di essere bravetta nell'enigmistica, ho avuto qualche difficoltà.
Certo trattandosi di test di ammissione ad una facoltà è ovvio che non possono esserci domande molto specifiche riguardanti quella facoltà, nella fattispecie di medicina, se no che senso avrebbe andare a studiare medicina? Infatti le domande riguardanti il concetto di "dolore", o sul cancro, o di genetica, sono volutamente generiche e più risolvibili col buon senso o la logica che con una conoscenza medica. Questo va benissimo. Ma che c'entra la data di nascita di Pirandello, o quando furono scritti "I Malavoglia" o qual'è la più popolare opera di Puccini? D'accordo che il medico deve essere una persona di cultura, e che sarebbe auspicabile avesse letto e scritto sufficientemente, tanto da essere in grado di capire ciò che gli espone il paziente, e anche e soprattutto di sapere parlare con lui in modo chiaro, corretto, gentile e col dovuto tatto.
Ma a preparare un medico così dovrebbe innanzitutto pensarci la scuola secondaria, un liceo come si deve e come era ai tempi miei, quando ti rilasciava l'ambita maturità, voleva dire che di sicuro sapevi tutto di Pirandello, Ungaretti e Manzoni, oltre che matematica, chimica, storia e scienze, tuttalpiù  c'era qualche buco di musica e di arte...
Questa "scrematura" che si fa oggi per accedere all'università "puzza" molto di copertura per qualche falla della scuola superiore, perciò se sei stato fortunato o sei bravo o hai avuto il privilegio di frequentare una scuola di buon livello sei favorito. Si può obbiettare che è necessario un accesso limitato all'università, per garantire un migliore livello di preparazione, e per sfornare un giusto numero di laureati non in eccesso rispetto alla richiesta.
La realtà dice che  quest'ultimo assioma viene poi puntualmente disatteso, infatti ci sono un sacco di medici, architetti e biologi a spasso. Inoltre siamo sicuri che questo tipo di selezione sia efficace a scegliere i più idonei alla tal professione?
Potrei elencare alcuni esempi in campo medico, dalla mia sfera personale, che sicuramente dicono che la risposta è no.
Dal bravissimo medico anziano pieno di esperienza che per diletto ha provato a fare il test ed è risultato clamorosamente bocciato, al figlio di miei conoscenti di umile estrazione, che a dispetto della vocazione ha fallito per ben 5 volte, diventando alla fine un ottimo infermiere, alla figlia di altri conoscenti anch'essi medici, diligente e studiosa che ha superato brillantemente, e poi al primo impatto pratico è svenuta davanti ad uno sconcertato paziente.
E' chiaro che i test di ammissione così concepiti sono una selezione sulla base del censo dello studente. Quello che ha frequentato la scuola più "in", o che viene da una famiglia più colta è favorito. Altrimenti bisogna contare sul fattore "lotteria". "Wow, che fortuna! Ho vinto un posto da studente alla facoltà di medicina!"
Quindi come rendere efficaci queste selezioni, se debbono proprio essere fatte? Ma è semplice! Per una Darwiniana come me, nulla è più efficace della selezione naturale.
L'accesso alla facoltà dovrebbe essere libero, si dovrebbero poi mettere degli sbarramenti sul numero di esami obbligatori da superare entro il primo anno, il secondo e così via.
Niente trascinamenti di esami del primo anno fino al quinto e stravaccamenti fuori corso per decenni. Anche qui però c'è un ingiustizia di base, si dirà, e gli studenti lavoratori?  Allora pensiamo a qualche escamotage per gli studenti meritevoli, ma poveri, se devono lavorare che sia un lavoro protetto, e meglio ancora cerchiamo di fornirgli borse di studio adeguate. case agevolate, trasporti gratuiti.

In quanto poi alla preparazione che il futuro medico, biologo o ingegnere acquisirà durante gli anni accademici, questo è un altro post!