lunedì 25 ottobre 2010

Parola di Marchionne, o Cambronne?

"Senza L'Italia la Fiat potrebbe fare di più" parole di Marchionne pronunciate ieri sera a "Che tempo che fa' ". E L'Italia senza Fiat come starebbe? Forse saremmo nella...M di Cambronne!
Difficile analizzare questo complesso problema, e fin troppo facile dare addosso al "padrone", o suo tirapiedi, che toglie i minuti di pausa e decide la linea dura.
Confesso che sentire parlare l'amministratore delegato del Lingotto, non mi ha scandalizzato, anzi certe spiegazioni, corredate da numeri e statistiche mi hanno convinto che qualcosa ci sia da fare e presto.
Cosa e come, non saprei, se lo sapessi mi riciclerei subito come manager di una grande azienda.
Però vorrei ricordare come negli anni addietro, quando Fiat aveva l'egemonia delle vendite ed era all'apice, i sindacati organizzavano scioperi a catena e ottenevano sempre qualche vantaggio. Erano gli anni delle rivendicazioni salariali selvagge da parte di trasporti e altre categorie "forti". Un laureato appena assunto guadagnava meno di un operaio, e a volte ci si domandava se era stato conveniente laurearsi (perché non si sapeva quanto di peggio ci aspettava!). Bisogna quindi prendere atto che i tempi sono cambiati e sono brutti per tutti, il lavoratore Fiat avrà solo 1100 € di paga, ma il lavoro ce l'ha e se lo perde ha gli ammortizzatori, un insegnante o un ricercatore hanno salario circa uguale, sono precari e se perdono quel posto sono a zero.
Tutta l'organizzazione del lavoro andrebbe rivista e riformata, bisognerà rimboccarsi le maniche e prepararsi a lacrime e sangue, perché è purtroppo vero che l'Italia non è più competitiva né in europa, né tantomeno fuori. Le verità uscite come pietre dalla bocca di Marchionne non vanno sottovalutate, ormai la resa dei conti è vicina. Sicuramente gli sforzi devono essere da entrambe le parti, è ingeneroso confrontare la produzione polacca a quella italiana, se l'indice di produttività e calcolato sul rapporto salario/produzione, ovviamente non mi pare bello allinearci alle peggiori condizioni lavorative. Se poi in Germania e Francia le cose vanno meglio che da noi, sarebbe semplicistico addebitarlo solo al maggiore assenteismo dei nostri operai.
Non ho sentito Marchionne parlare di investimenti in ricerca e sviluppo, e questo purtroppo mi dispiace, questa infatti mi sembra l'unica strada percorribile anche se con risultati a lungo termine. Non ho neppure sentito parlare di rigore nei controlli di qualità del prodotto. Dovendo scegliere tra Fiat e altra auto, a parità di prezzo, sapendo per esperienza che la prima dopo qualche mese perde colpi o pezzi, cosa scegliereste?
E se non innoviamo e puntiamo su qualcosa di eccellente, come possiamo competere con la mano d'opera di cinesi e indiani?
Batterò sempre sullo stesso chiodo, ma puntare maggiormente sui cervelli che sulle braccia alla fine potrebbe essere una mossa vincente i cui benefici ricadrebbero su tutti.

sabato 16 ottobre 2010

Dio, patria, famiglia.

"Sii benedetta Bandiera !
Benedetta nell'immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre, nei secoli!"
Queste parole di chiaro significato comparivano nel mio libro di lettura delle elementari (anni '54-'55), e solo ora ho scoperto appartenere ad un discorso pronunciato da Giosuè Carducci nel 1897 a Reggio Emilia, per celebrare il centenario della nascita del tricolore.
Oggi è molto discutibile tutta quella retorica. Oggi fa sorridere quel termine "immacolata", benedetta e magari vergine già che ci siamo. Perché è fatta così, e di tre colori? Qui si racconta qual'è il senso dei colori e della forma. Per essa e per il significato ad essa connesso i due studenti e patrioti bolognesi Zamboni e De Rolandis morirono nel 1797. Insomma è un simbolo forte e dietro ad essa ci sono lotte, conquiste e la storia travagliata di una nazione che arranca per diventare moderna, civile, democratica, libera.
Quindi, forse perché allevata a suon di ideali "Dio, patria e famiglia" inorridisco davanti a certe notizie tipo: Niente tricolore per gli alpini caduti in Afghanistan. Oppure per la presa di posizione del carroccio sul tricolore, oppure per la difesa dei simboli padani, in quell'antipodo di paese delle meraviglie che è Adro.
Per essere sincera i tre ideali di cui sopra sono oramai obsoleti e triti anche per me, credo solo nella "mia" famiglia perché resiste inossidabile alle aggressioni del tempo e dei tempi. Però resta il fatto che un minimo di amor patrio dobbiamo averlo, ed è quello che mi fa' sobbalzare quando sento gli insulti all'Italia, quando mi sento derisa e compatita all'estero, quando vedo il cabarettista in doppio petto rappresentarci in europa, come una macchietta malriuscita.
Sono pacifista, se fossi stata maschio avrei fatto l'obbiettore, se fossi vissuta 150 anni fa forse avrei fatto la vile asservita all'impero Austro-ungarico, però mi urta sentire del rifiuto del tricolore sulla bara degli alpini. Ma allora per cosa sono morti? E' un duplice insulto oltreché un ossimoro, barricarsi su queste assurde posizioni anti-patriottiche leghiste. Così, con queste premesse, e con questa gente al governo, ci avviamo alla celebrazione dei 150 anni di unità d'Italia. Ma se chi mangia alla mensa comune romana (o dovrei dire truogolo?), ci sputa dentro, a chi e cosa dobbiamo credere ormai?
Vorrei infine fare una chiosa sulla nota vicenda della sospensione di Santoro, e quindi della trasmissione Annozero. Il gesto di Masi sembra quello del marito che per fare dispetto alla moglie si taglia gli attributi.
Sembrerebbe folle "segare" un programma RAI che porta un sacco di audience e soldi all'azienda, a meno che non si voglia demolire l'azienda stessa. Il che non sarebbe una cosa poi tanto strana e nemmeno rara, molti servizi pubblici hanno codesto vezzo, e lo so anche per esperienza personale. Ma a parte ciò, c'è in gioco il diritto degli ascoltatori, ovvero di quel popolo sovrano sempre invocato nei comizi berlusconiani. Come osano impedirmi di scegliere cosa guardare in una TV definita pubblica? L'usa criminale del servizio pubblico è proprio lui, il Berlusca a farlo, convertendolo in un coro unanime di consensi lecchini a suo uso e consumo assolutamente privato, né più, né meno di mediaset.
Nel sentire in chiusura ad "Annozero" tutto il pubblico cantare "la libertà" di Gaber, confesso di essermi emozionata. Ormai i nostri veri eroi, i carbonari dei giorni nostri sono questi, quelli che combattono il despota con le sue stesse armi mediatiche, evviva Santoro, Biagi, Augias, Travaglio e tutti quelli come loro.

sabato 2 ottobre 2010

Bestemmie di stato.

Qualcuno anziano come me, o magari di più, si ricorderà dell'insegna in era fascista e immediatamente post, che sanzionava la bestemmia (e lo sputo) in luogo pubblico. Oppure chi è giovane si ricorderà che recentemente al "Grande fratello", o " L'isola degli sfigati" o " Fratello-sfigato" o come si chiama il famoso programma per dementi guardoni, ci fu una polemica per la bestemmia di uno dei partecipanti, poi espulso, credo, non sono molto informata.
Vivendo in Friuli devo ammettere che le bestemmie non mi fanno più scandalizzare, i friulani hanno il vizio, ovvero l'abitudine deprecabile di sciorinare bestemmie intercalate ai normali discorsi. Non sono imprecazioni, non vengono dette con rabbia o per sfogarsi di qualche divina ingiustizia, o almeno quasi mai. Sono invece una particella declinabile del discorso, una coloritura personalizzata, a volte anche geniale, espressa senza cattiveria. Così come qualcuno ha il vezzo di ripetere "cioè", o "niente", o " ecco" continuamente e fuori luogo, così il friulano, anche non necessariamente di bassa estrazione sociale, inframmezza alle sue frasi, alcuni epiteti rivolti alle divinità o ai santi.
Questa premessa, qualche mente sagace l'avrà già percepito, per arrivare all'ultima esternazione berlusconiana di cui anche l'Avvenire si è lamentato. Egli non ha la scusa di essere friulano, e nemmeno di essere perseguitato da Dio, semmai solo da alcuni magistrati rossi.
Ma se pure avesse delle scuse, come quelle che presenta (sono simpaticone, mi piace fare la battuta...sono un piacione barzelliettere), ebbene in questo caso non reggono.
Le sue battute, le sue freddure, sono sempre discutibili. Il suo machismo da strapazzo e il suo humour da caserma poi fanno pena. Solo i poveri di spirito come lui sono in grado di apprezzarle.
Ma il deridere un membro del parlamento (la Bindi) eletta come lui, con pari dignità istituzionale (mooolto superiore a lui, secondo me) è già di per sé un atto incivile, ma diventa insopportabile se condito dalla bestemmia.
Non riesco a immaginare nessun esponente della prima repubblica con in bocca insulti e bestemmie. Magari avevano in tasca il frutto del loro ladrocinio, ma lo facevano con più pudore, e in pubblico sapevano ben comparire.
Invece adesso c'è la tracotanza dell'impunità unita alla volgarità di parlare dai seggi di stato peggio che all'osteria.
Quanti fans ci sono ancora di questo buffone di corte, mascherato da reuccio?
Cosa altro deve combinare? Pazienza queste uscite vergognose, che ci fanno rimpicciolire e arrossire difronte al mondo, ma quali fondi occorre toccare prima del risveglio collettivo?
Forse la crisi non è ancora abbastanza grave, forse i disoccupati sono ancora troppo pochi, forse i giovani talenti che fuggono sono solo degli egoisti che lasciano in patria le menti migliori, a costruire il nostro futuro, forse c'è ancora poca spazzatura per seppellirci tutti, poca camorra, poca delinquenza, poca intolleranza verso deboli e oppressi, poca ingiustizia sociale, pochi troppo pochi privilegi da spartire solo fra amici del Giaguaro.
Invochiamo una catastrofe maggiore....magari poi smetteremo di ridere alle barzellette di regime.