venerdì 16 maggio 2014

Chicche triestine II°


Guardando questa simpatica lezion de triestin per "taliani", cioè i non triestini come vengono chiamati qui, mi sono ricordata dei miei primi anni da straniera a Trieste. La caratteristica rispetto al piemonte da cui provengo, era che qui si parlava sempre e con tutti in dialetto, non come dalle mie parti dove il dialetto era stigmatizzato (stiamo parlando degli anni 70, pre-leghismo!), ma anzi con un certo orgoglio; senza eccessivo campanilismo (stile friulano ad esempio) bensì spontaneo e ingenuo, come dir, come xè che non te me capissi?
Diciamo subito che il triestino, a differenza di altri dialetti, è molto comprensibile, orecchiabile e musicale, e non è difficile capire e imparare quei pochi vocaboli strani ad un orecchio forestiero.
Però da giovane sposina che ero, già piuttosto imbranata nelle incombenze domestiche necessarie al governo di una casa, mi prendeva una certa ansia ogni qual volta andavo a fare la spesa.
Il pane, una tragedia...tra "struze" "s'ciopette" "bighe" "rosete" "bombete", alla fine decidevo di indicare col dito qualcosa. Nel boteghin di frutta e verdura la crisi si manifestava sotto forma di pesi e misure oltrechè di tipologia di vegetali. Presto dovetti scoprire a mie spese che i sette deca di spinaci che l'allibita negoziante mi mise in borsa, non erano certo sufficienti a cucinare un contorno neppure lillipuziano. E che il cavolo è solo quello "fiore", mentre i "capuzzi" sono cavoli cappuccio, e che sparisi sono gli asparagi, mentre il mataviz  è l'insalatina valerianella.
Al banco del pesce un giorno chiesi degli sgombri. Risposta: "Dove l'ha ga visto lei i sgomberi?" Silenzio imbarazzante. Cercavo con gli occhi fra la merce esposta il pesce in questione (uno dei pochi da me ben identificabili). "Signora mia non esisti sgomberi in questa stagiòn.." "Allora mi dia delle alici, ovvero acciughe" " Cossa la vol? Sardoni? ma anche de quei non xè ancora stagiòn.." Mosso a pena il venderigolo de pesse, mi chiese se mi sarei accontentata di un scartoz de "ribaltavapori". Arrossendo, sotto lo sguardo di compatimento del pescivendolo, mi congedai mormorando una scusa.
Alla UPIM, il grande magazzino, chiesi ad una commessa un secchio: "Sa quelli di plastica, non tanto grandi, ma nemmeno un secchiello, per le pulizie e altri lavori domestici." E la commessa: "Ah lei la volessi un stagnacco?"
Ed infine la superchicca: uscendo dallo studio del dentista, intontita e con la guancia dolente, mi precipito verso le scale, ansiosa di allontanarmi il più possibile. La segretaria mi insegue sollecita..."Signora, signora..l'ha ga dimenticà el tacuin". Ma che farnetica, penso io, non ho taccuini, il taccuino (o agenda) sarà il suo, quello dove annota gli appuntamenti. Invece mi raggiunge e mi porge il mio PORTAFOGLIO...oops, se glielo lasciavo, oltre alla parcella già versata, sarei stata davvero in crisi. Per fortuna ho ancora qualche spicciolo e posso prendere un TASSAMETRO per tornare a casa, il dente mi fa ancora troppo male.