mercoledì 12 maggio 2010

Mettiamoci la faccia.

I giornali a volte se occupano, per lodarlo, o denigralo, alcune persone ci stanno incollate ore, altre lo snobbano. Si tratta di FACEBOOK, letteralmente "Raccolta di facce ", da book= libro, raccolta, album e face= faccia, reputazione, figura, apparenza.
Dedico al popolare network questo post per alleggerire la pesantezza degli ultimi due.
Premetto che non sono un'esperta nel campo, benchè non sia necessaria una grande esperienza per muoversi all'interno del sito, che è pure in italiano.
Mi sono iscritta un po' controvoglia, su insistenza di miei parenti lontani, per rimanere più in contatto. Mi hanno convinta con la motivazione che così è più facile scambiarsi opinioni, notizie e fotografie in tempo reale, senza ricorrere alla posta elettronica (o cartacea).
In effetti quando non si abita nella stessa città, o nelle vicinanze, per non perdere di vista amici e parenti, bisogna spendere una cifra in telefonate, e così un paio di anni fa' ho aderito anch'io.
Mi tratteneva l'idea di mettere in piazza i fatti miei. Si vociferava e anche oggi c'è chi la pensa così, che facebook, come altri simili applicazioni,come myspace, netlog, etc, costituiscono un attentato alla privacy. Ma alla fine questo mi è sembrato un rischio calcolato, non diverso dalle e-mail, i negozi o le banche online, ed anche i blog.
C'è inoltre chi sostiene che questi network sono mezzi per farsi gli affari altrui e spettegolare.
Ma in fondo una volta ci si riuniva nei salotti a sparlazzare di amici e parenti comuni, e ora lo si fa in rete. La mia opinione è che anche facebook, come molte altre cose, non è di per sé stessa nè cosa buona, nè cattiva, è un mezzo di comunicare, molto evoluto e tecnologico, e la sua "bontà" dipende dall'uso che se ne fa.
E' la rete in sé una rivoluzione nel modo di pensare, scrivere, comunicare e anche agire, che a volte mi affascina a volte un po' mi spaventa.
Come l'introduzione delle calcolatrici ha fatto sì che nessuno sappia più fare una divisione con le virgole o una radice quadrata, così ora con i mitici motori di ricerca, chi si mette più a compulsare i pesanti volumi delle enciclopedie? Proprio ora mentre sto scrivendo e magari mi sorge un dubbio sull'esatta grafia di una parola, benchè abbia dietro di me una libreria zeppa di "Treccani" e "Zingarelli", nonchè enciclopedie, non mi alzo a prenderne uno, ma apro una seconda finestra sul monitor e cerco su qualche vocabolario online.
Se alla TV vedo un vecchio film con un attore che al tempo era un mio beniamino, ma adesso non c'è verso che mi ricordi come diavolo si chiama, apro il lap top, e digito su "google" il titolo del film, ed ecco risolto l'enigma!!
Non è affascinante tuttociò? Tremendamente, ma anche come dicevo prima un po' terrificante, sia per il rischio di perdita di alcune cose o valori (scomparsa dei libri, come su fahrenheit 451?), sia per la dipendenza che questo mezzo crea.
Questa estate in vacanza, tre settimane senza internet sono state una tragedia per me. Ho rimuginato tre giorni (e notti) su cosa è un "paradigma" nella grammatica latina. Aihmè colpa dei miei neuroni che si vanno sfaldando di giorno in giorno, e quindi devo sempre di più fare conto sulle memorie artificiali. Ma anche attività ludiche e d'informazione, come la settimana enigmistica online,la lettura dei giornali,il sudoku, le ricette e tante altre cose che ormai sono diventate un pane quotidiano.
Per quanto riguarda "facebook" quindi, pro e contro si equilibrano. A volte è vero sono un po' infastidita dallo stupidario delle barzellette, i motti e gli aforismi, che molta gente "linka" con mancanza di fantasia e magari buongusto. A volte certe opinioni altrui, per quanto mi riguarda, potrebbero restare nel cassetto del loro autore. Non nego che anche le mie possano essere fastidiose per gli altri.
Tuttavia la libertà di esprimersi alla portata di tutti supera gli inconvenienti, e costituisce una grande conquista.

domenica 9 maggio 2010

Tutta colpa di Calvino? (parte II°)

Un fortuito e fortunato caso ha voluto che proprio in questi giorni io abbia riallacciato rapporti con una mia compagna di liceo, che abita in altra città, e che dopo una vita dedita all'insegnamento di storia e filosofia, ora per diletto si sta dottorando in studi di filosofia avanzata a Torino.
Quale altro più gustoso cacio (argomento di conversazione) su maccheroni (relazione tra calvinismo e capitalismo olandese) potevo trovare?
Abbiamo avuto uno scambio di e-mail e una interessante lunga telefonata, nonchè il consiglio di leggere alcuni ponderosi tomi, cosa che mi guarderò bene dal fare.
La giusta obiezione che mi aspetto ora è: ma che vuole dimostrare questa, cioè io, l'ultima donnetta pensionata, dato che tomi e tomi son stati scritti sull'argomento e che su Wikipedia c'è già il sunto de li sunti. Invece proprio in quanto ultima pensionata di confine, voglio capire e riflettere.
Di riflettere mi punse vaghezza quando qualcuno, per giustificare un certo rigore nel lavoro e una moderazione quasi patologica nel cibo, degli olandesi, mi disse che la colpa era tutta del calvinismo.
Ma se sono parchi e puritani, come possono essere anche mercanti e ricchi, e anche generosi nel tollerare i diversi? Come si concilia un'etica che non concede il perdono, con una smaccata voglia di accumulare denaro, magari anche con i coffee shop e le vetrine a luci rosse?
Sembra un ossimoro, ma è così, almeno secondo uno dei tomi capisaldo di Max Weber: " L'etica protestante e lo spirito del capitalismo". In esso l'autore nota come le nazioni calviniste come i Paesi Bassi e l'Inghilterra, sono arrivate prime al capitalismo rispetto a quelle cattoliche come la Spagna, il Portogallo e l'Italia, guarda caso quelle che ora sono a rischio bancarotta al seguito della Grecia.
Alla base ci sarebbe proprio la forma mentis del luterano e poi del calvinista, secondo la cui dottrina l'uomo è predestinato al bene o al male. Se uno è predestinato al bene, già in questa vita gode dei favori dell'Onnipotente, che lo colmerà di benessere e ricchezza e mentre il cattolico, prega per ottenere qualcosa, il protestante ringrazia Dio per quello che ha già ottenuto.
Appunto in virtù di quanto è già stato scritto da fonti ben più autorevoli, non mi dilungo sui pro e contro di questa tesi, che è stata contraddetta o appoggiata negli anni seguenti.
Mi preme osservare invece come il concetto di "perdono" che è il cardine del cattolicesimo, cioè la dottrina che conosco di più (tutto è relativo), sia alla base di tanti costumi socio-politici del nostro paese. Questa storia della confessione e del peccato, manco fatto e già perdonato, forse sfocia in quell'etica un po' lassista e tanto di facciata, oserei dire ipocrita, così cara a noi.
Quando Berlusconi (prendo uno a caso, potrei dire il sig Rossi...) si genuflette davanti all'altare nell'atto di comunicarsi, poco importa che si sia da poco alzato da lettone di Putin con la escort di turno, o che abbia corrotto o che sia imputato e magari colpevole di tanti capi d'accusa (o complotti) che gli vengono attribuiti, l'importante è che "sia pentito".
Ma qual'è il metro per giudicare la sincerità di tale pentimento? Qui casca l'asino...non c'è modo di saperlo. Il pentimento è un fatto privatissimo, non intercettabile, solo Dio può vedere nell'anima del penitente, il sacerdote può solo assolvere, cosa che fa "quasi" sempre, basta promettere di non peccare più ed esserne convinti in quel preciso istante, se dopo un minuto si ripecca, ci si riconfessa, e amen.
Forse anche su questo è da ricercare la ragione della altrimenti ingiustificabile tolleranza della chiesa nei confronti della mafia e del delitti mafiosi.
Ben diverso invece l'atteggiamento della chiesa verso chi ostentatamente e senza possibilità di ravvedersi insiste su certe opinioni di principio, contrarie alla dottrina, vedi le posizioni intransigenti sull'inizio e fine vita.

martedì 4 maggio 2010

Tutta colpa di Calvino? (I° parte)

Come forse ho già raccontato, dopo ogni visita in Olanda, mi nasce la curiosità di capire alcuni aspetti contradditori di questo paese.
La multietnicità è un dato di fatto molto esteso, soprattutto ad Amsterdam. In autobus, in tram e per strada si vedono persone abbigliate nei modi più esotici e non solo nei quartieri turchi o arabi. Gli indonesiani e le genti provenienti dalle antille e caraibi sono ormai olandesi a tutti gli effetti.
Si respira un clima di tolleranza. Poi però si scopre che il partito di Geert Wilders è aumentato notevolmente in due città (Almere e Rotterdam) nelle ultime elezioni amministrative, benchè il titolo del Corriere della Sera "Avanza la destra xenofoba in Olanda" sia molto riduttivo e non tenga affatto conto della complessa realtà locale.
Mentre facevo shopping nel mercato turco ho assitito ad un episodio significativo. Una donna circa quarantenne dalle fattezze indiscutibilmente "dutch", incrociando un gruppo di giovani arabi o marocchini, probabilmente sotto l'effetto della troppa birra, ha cominciato a sbraitare, rivolgendosi a loro, insultandoli e dicendo in inglese che avrebbero dovuto tornarsene al loro paese. Tra i ragazzi , che la circondavano, e avrebbero potuto facilmente picchiarla e zittirla, un paio le ha risposto per le rime, ma la maggioranza, guardandola con compatimento, come una povera pazza, ha proseguito per la propria strada. La tolleranza è ambivalente.
Poi come tutti sanno, e spesso sanno solo questo dei Paesi Bassi, l'indulgenza olandese si spinge a livelli a volte a noi incomprensibili, per la prostituzione, la droga, le manifestazioni di protesta di chiunque e su qualunque argomento. Tornerò su questo tema prossimamente.
Se chiedo a mia figlia e mio genero le ragioni di tanta "flessibilità" mi rispondono che alla base c'è il calvinismo. Poi però non mi danno ulterori spiegazioni.
Così devo "ripassare" un po' di antiche nozioni filosofiche e poichè la memoria non mi sovviene, vado a compulsare "Google" e "Wiki" qua e là.
Ho trovato talmente tanta roba che dovrò scrivere a puntate. Non ho certo la presunzione di fare un trattato, ma solo di riordinare le idee soprattutto per me stessa.
Da secoli l'olanda è abituata all'accoglienza di etnie e confessioni religiose diverse, e ha sviluppato un sistema di alleanza politica e religiosa, un Consociativismo, che potesse raggiungere fini comuni per il benessere di tutte le confessioni religiose e contrastare la laicità. Fino alla fine della seconda guerra mondiale il sistema consociativo riuscì gestire il Paese, ma fu costretto a ridisegnarsi nel dopoguerra. L’occupazione nazista e la dura persecuzione della componente ebraica del Paese avevano fatto nascere all’interno e tra le diverse confessioni religiose un’organizzazione che riuscì a sviluppare una efficace rete di solidarietà verso i perseguitati, l’Interkerkliijke Contact in Overheidszaken (ICO). Questa struttura interconfessionale sopravvisse alla guerra e divenne gradualmente l’interlocutore ufficiale dello Stato per conto di tutte le confessioni religiose, accompagnando una graduale, ma decisa laicizzazione della società.
Ho tratto queste spiegazioni dall'articolo "Il consociativismo olandese alla prova della globalizzazione" , che invito a leggere per approfondire.
La tesi dell'autore di questo articolo è che tale consociativismo religioso sia alla base dello sviluppo di quella tolleranza emblematica olandese che ha retto per molti anni, e che sta cominciando solo adesso a presentare qualche incrinatura.
Sarebbe anche alla base del progressivo spostamento del sistema di scuola pubblica verso quella privata (per garantire scuole di confessioni religiose diverse), ma senza nulla togliere al grande impegno di politica giovanile, per garantire a tutti i giovani un alto grado di educazione e le migliori condizioni di crescita.
La privatizzazione scolastica e della sanità, sembrerebbe una cosa negativa, ma nella realtà olandese, non funziona poi tanto male. Il governo olandese prevede assegni familiari per i costi necessari ad allevare i bambini. Qualsiasi genitore che vive nel paese, di qualsiasi estrazione sociale o etnica, riceve dei contributi trimestrali fino al compimento di 18 anni dei loro figli.
Grazie a una legge recentemente approvata, lo Stato ora dà anche una mano ai genitori nel pagamento del materiale scolastico.
Dall'esperienza di figlia e genero che ormai vivono lì da 4 anni, ho scoperto che lo studio universitario e post, sono particolarmente privilegiati. Soprattutto per gli olandesi, che hanno agevolazioni per l'alloggio, i mezzi di trasporto, quasi gratis (tutti studiano fuori casa, e l'autonomia è grandemente incoraggiata), ma anche per chi viene da altre nazioni. Chi fa un "dottorato di ricerca" ha un contratto di lavoro vero e proprio, con contributi pensionistici e ferie pagate, e stipendio rapportato al costo della vita e degli affitti (cari).
L'assistenza sanitaria di base è garantita a tutti, poi esistono "pacchetti" di costo diverso per avere diversi livelli di prestazioni, dai più specialistici ai più sofisticati.
Certo è facile essere generosi quando si è tanto ricchi come sono gli Olandesi. E sono ricchi perchè il Capitalismo, secondo alcuni, è nato qui. (Continuo la prossima puntata).