Sono stata una ricercatrice, insieme a mio marito, biologi e coniugi che per caso o per necessità si sono ritrovati a lavorare insieme per 30 anni.
Aggiungo fortunata, nel senso che a 33 anni circa sono stata assunta a tempo indeterminato ed ora godo di una dignitosa pensione.
Leggendo l'articolo su "Repubblica" sullo stato della ricerca in italia, da alcuni anni sotto la media europea, e con un crollo finale catastrofico nell'ultimo periodo, mi viene immodestamente da pensare che ciò sia anche dovuto al mio abbandono! :)
A parte gli scherzi, ho difficoltà a parlare dei miei trascorsi, un po' per le ferite che ancora mi bruciano, e metterci sopra il sale non giova, un po' perché se devo dire tutto, rischio la denuncia, molti protagonisti del declino dell'istituto di ricerca di cui ero dipendente, sono ancora vivi e vegeti e al potere, quindi... "absit iniuria verbis".
Posso solo fare alcune considerazioni di carattere generale, fondate ovviamente sulle esperienze personali, ma in alcuni casi abbastanza comuni.
Io ad esempio ho al mio attivo più di 40 pubblicazioni su riviste internazionali recensite e con un Impact Factor dignitoso per il mio settore, ma non ho mai avuto il piacere né l'onere di presentare il mio curriculum all'azienda per un concorso o avanzamento di carriera, perché semplicemente non erano previsti, né mai son stati attuati. Avrei potuto presentarle a qualche altro ente o concorso. AH ah ah..( risata sardonica), e quali? O meglio dove, non ci fosse già un designato, unto dal suo protettore?
Comunque a suo tempo provai...e quando andò bene arrivai seconda.
Quindi primo problema, non esiste meritocrazia nell'ambito della ricerca, né mobilità, né tanto meno incentivi finanziari.
Rido di gusto quando leggo del decreto per gli strumenti volti a individuare e premiare la produttività. E' vero che a fine anno ci venivano consegnati dei moduli da compilare per una autovalutazione, poi completati e approvati dai nostri responsabili, ma il tutto alla fine si risolveva in una mera formalità per distribuire a pioggia quei pochi soldi destinati a questo scopo.
In pratica non ho mai visto premiare chi si dava più da fare, né tantomeno punire chi era lavativo, anzi chi sapeva defilarsi di più alla fine riusciva sempre ad essere premiato di più.
Qualcuno potrà obbiettare che son cose note. Fare bene il proprio dovere e nell'ambito della ricerca poi, non paga si sa, e non da né carriera né reddito maggiore, si fa' per la soddisfazione personale.
Qui il discorso diventa difficile, cos'è questa fantomatica soddisfazione personale? Se si tratta di riuscire a dormire sonni tranquilli anche dopo avere mandato giù bocconi amari tutti i giorni, se vuol dire che il bilancio dopo anni di lavoro guardandoti allo specchio è potersi dire "Sei poco pagato, precario, poco apprezzato dai diretti superiori, ma dentro di te sai di essere bravo e di far onestamente il tuo lavoro", oppure indulgere a guardare su "PubMed" quanti ricercatori ancora leggono e citano i tuoi articoli, allora si, grande soddisfazione personale!
Non so se sia sufficiente...sembra di no a giudicare dai risultati. Ma il peggio deve ancora venire se consideriamo che il nostro patrimonio umano di ricercatori è sempre più vecchio, molti giovani precari e mal pagati abbandonano la ricerca, oppure i migliori vanno all'estero.
Per una forma di telepatia (?) o semplicemente di interessi in comune, scopro ora anche mia figlia ha pubblicato un post, molto più esaustivo e ben articolato sull'argomento ricerca, leggibile QUI.
Quale futuro per il paese si prospetta?
Amaramente mi chiedo, ma si vuole davvero che il nostro paese migliori, cresca, si evolva?
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