Leggo oggi sull'Espresso l'intervista con il famoso cuoco, anzi dovrei dire chef, Ferran Adrià, che chiuderà il mitico ristorante spagnolo,"El Bulli" questo 31 luglio.
All'intervistatore, che lo ha beccato mentre con il suo staff cenava, prima di servire i clienti, dato che la cena era costituita da spaghetti alla bolognese, hamburger e patatine, e non dalle sue creazioni, quali spume e schiume, sindoni di bistecche su ostie di parmigiano, zuppe gelate all'azoto liquido, ha detto, per giustificarsi, che la cucina di casa serve a nutrirsi, mentre quella del suo ristorante per fare un'esperienza. Indimenticabile, dice qualcuno, anche per il prezzo, poco più di 300 €, sempre che si abbia la costanza e la fortuna di attendere anche per un anno la prenotazione.
Insomma come dire che a casa mia decoro le pareti con dei quadri croste, come riempitivo, invece vado al museo ad ammirare i "Tagli" di Fontana per avere il brivido dell'arte moderna. Personalmente preferisco gli Uffizi.
Non c'è nulla da obiettare, il ragionamento potrebbe anche funzionare, ma io, devo ammetterlo, sono un po' prevenuta nei confronti di questi "chef", sarà perché, da quando sono abbonata a Sky, in seconda serata guardo spesso il "Gambero Rosso", alla ricerca di nuove ricette e di località amene dal punto di vista gastronomico. Non che i canali TV siano carenti di ricette, cuochi e preparazioni culinarie, anzi! Ormai non c'è programma che non abbia il suo bravo angolo cottura, con consigli alimentari e dietetici. Pare che per anni, dovendo farne a meno, le nostre mamme e nonne (e famiglie) morissero di fame.
Bisogna dire che gli chef sono davvero diventati dei "divi", se la tirano in modo pazzesco, parlano un linguaggio in codice: territorio, tradizione, rivisitazione, ricerca del gusto....
E poi mentre spignattano in diretta, circondati da aggeggi tecnologici, dai nomi assurdi, planetarie, abbattitori, cannelli di fiamma simil-ossidrica, termometri digitali, insomma tutte cose che una pur moderna cuciniera come me, si sogna, intanto parlano e spiegano, con terminologia molto tecnica, come si sfiletta un branzino, si caramella un pomodoro ciliegino, si emulsiona una salsa, si fa un fumetto di pesce.
Sono spesso affiancati da un aiutante dall'aria stolida, che sta lì per porgere un cucchiaio, come fa' l'infermiera col bisturi al chirurgo, oppure a pelar le patate, oppure anche solo a far da contorno ciarliero.
Alla fine "impiattano", con questo bruttissimo termine coniato per loro, che ora è anche sul vocabolario, cioè vuol dire che non si serve più la pietanza a tavola, prendendola da un vassoio di servizio, ma si IMPIATTA direttamente sulla stoviglia che si porta al commensale, in maniera molto elegante, badando bene che vengano soddisfatte alcune regole fondamentali della cucina moderna: gli alimenti devono essere sovrapposti a formare una torretta, tanto più alta quanto più bravo il cuoco.
L'elegante e precaria costruzione di cibo viene impilata con un ordine preciso, a mani nude (mi auguro lavate), cioè cose croccanti, poi morbide, poi succose, poi piccanti, poi dolci, infine salate e in bilico in cima un cappero (mi raccomando dissalato e siciliano) o una foglia di menta, (il prezzemolo è obsoleto), affinchè il commensale al primo boccone così composto, abbia una girandola e un esplosione di sensazioni contrastanti.
Dimenticavo: sul piatto viene in precedenza colata una qualche salsa, a specchio, che niente e nessuno potrai mai gustare, essendo costituita da un velo di liquido, assolutamente non raccoglibile e non avendo il degustatore, ovviamente, modo né mezzi per fare volgari "scarpette".
Eventualmente molti altri decori non commestibili (bucce di melanzana disidratate, pezzetti di lardo di colonnata carbonizzato, polvere di uovo liofilizzato, fiori di campo, etc) potranno essere disposti artisticamente in modo da soddisfare l'occhio. Il tutto richiede anche per uno chef-speedy almeno 10 minuti.
Se volete cimentarvi e stupire gli ospiti, dovete innazitutto attrezzarvi con tutte quelle diavolerie tecnologiche ormai indispensabili in cucina, compresi gli stampi in silicone e dei particolari anelli in acciaio per "coppare", altro termine neo coniato ad usum chef. Poi mettevi al lavoro, di buona lena e calcolate di impiegare almeno 8 ore per quello che avrete visto preparare in 20 minuti. Infine quando sarà ora di servire e avrete finito di impiattare e decorare per 6 persone, le pietanze portate in tavola saranno ormai fredde scotte e disgustose...ma l'occhio sarà appagatissimo.
Qualcuno penserà che ho esagerato e calcato la mano...ma giuro che quanto esposto è tutto rigorosamente VERO!
Sarà per reazione, o sarà nostalgia, non so, ma ho cominciato a riscrivere le ricette che la mia mamma mi ha lasciato, vergate a mano su un quadernetto, o ripescate nella memoria.
Nessun commento:
Posta un commento