sabato 2 luglio 2011

Un paio di gialli per l'estate.

Non so perché ma in estate, benché ormai io sia in ferie tutto l'anno, non riesco ad occuparmi di cose serie.
Anche nella lettura prediligo romanzi leggeri, quelli che posso tralasciare un momento, mentre sono in giardino e mi "scappa" di togliere un erbaccia o cogliere 2 fiori, e poi posso riprenderli senza troppa fatica e senza dovere tornare indietro per capirci qualcosa.
Mi sto dedicando a due autori di gialli prediletti: Camilleri e Veit Heinichen. Del primo sto leggendo l'ultimo libro "Gioco di Specchi", mentre del secondo ho appena terminato " Le lunghe ombre della morte".
Passando da questo a quello nel giro di una settimana il paragone diventa inevitabile, e lo scrittore tedesco ci perde assai.
Cominciamo dalle cose in comune: c'è un commissario protagonista; tutti conoscono Montalbano, ma forse pochi Proteo Laurenti, il poliziotto di origini meridionali,  residente a Trieste dove si svolgono le sue indagini.
Entrambe gli investigatori sono sulla cinquantina, amano il buon cibo e non disdegnano di sbevazzare, abitano in invidiabili residenze sul mare, e apprezzano forse troppo le femmine di bell'aspetto, il che li rende piuttosto inclini all'infedeltà verso le loro compagne. Oltre naturalmente al fiuto poliziesco che li indirizza sempre sulla giusta pista, hanno anche validi collaboratori, ed un leggero manto d'ironia investe le loro avventure. Le analogie finiscono qui.
Dalla parte di Proteo, soprattutto per me, di apprezzabile c'è la realistica descrizione di Trieste e dintorni, non solo, ma anche gli avvenimenti e i personaggi storici e di spicco della città sono reali. Nei luoghi mi ci ritrovo con estrema precisione, dal tram di Opicina, ai bar, alle località oltre confine, alla trattoria Scabar, dove anche i piatti descritti sono veri (li ho mangiati!).
Per quanto riguarda la scrittura sono imparagonabili, l'una è una traduzione dal tedesco, mentre l'altra è l'impagabile prosa italo-sicula di Camilleri. Il suo vocabolario è così ricco e colorito, che per giorni continuano a "firriarmi" in testa i termini usati nel libro. Non a caso il linguaggio dell'autore siciliano è diventato materia di tesi.
 Ma non è solo questo a rendere superiore Montalbano, c'è anche la vera e propria trama gialla, chiara, lineare quella intessuta da Camilleri, che comunque tiene il lettore sul filo del rasoio con pochi semplici colpi di scena, fino ad un finale risolutivo, a volte amaro, a volte con una morale.
Invece Heinichen scrive con stile cinematografico, con molta azione, ma tende a mettere troppa carne al fuoco, troppe vicende collaterali che poi non hanno riscontro, molte vie che non portano a nulla, e insomma il finale  lascia perplessi e ci si chiede che cosa sia successo ad alcuni personaggi scomparsi in corso d'opera.
Entrambe sono piacevoli letture da "sotto ombrellone", ma il nostro Camilleri ha quel quid in più che ci lascia in bocca il "sciauro" dei suoi arancini.

1 commento:

cooksappe ha detto...

ho preso nota! ^^