sabato 17 marzo 2012

Siamo uomini o..marziani?

Una delle ragioni per cui amo vivere qui, nella zona di confine carsica, oltre alle bellezze paesaggistiche ed ecologiche, è la possibilità di passare una giornata multietnica come oggi.
Vabbè multietnico, uso un parolone un tantino esagerato , ma il concetto è quello. La mattina abbiamo avuto a che fare con i tre fratelli kosovari che ci mettono a posto il giardino, poi abbiamo pranzato nella trattoria di Basovizza, dove il padrone croato ci ha intrattenuto raccontandoci gli usi e costumi dei suoi parenti di Slavonia, intanto che si degustava vino friulano. Infine abbiamo bevuto un caffè col nostro vicino di casa della minoranza di lingua slovena. Caffè fornitoci peraltro dall'altro vicino di casa di origine istriana, che ha una piccola torrefazione, mini (o micro o nano) concorrente di Illy, ma altrettanto buono.
Cose di cui meravigliarsi se si pensa che queste genti poco più di 15 anni fa' si combattevano, e ancora di più se guardiamo alla foiba poco lontano da qui.
Nel vivere quotidiano le differenze, se poi davvero esistono, si azzerano. Ricordo l'aneddoto raccontatomi da un mio amico dal nome che più ebreo non si può, che da giovincello si trovò in campeggio con un ragazzo palestinese. Non conoscevano le relative origini, e come spesso succede tra giovani in vacanza, fraternizzarono subito. Tra chiacchiere e divertimento, la simpatia fu tale che decisero di mantenersi in contatto anche dopo le vacanze..e come è d'uso si chiesero nomi e indirizzi. Impallidirono entrambi nello scoprire che uno era Mohamed e l'altro Samuel. Ma dopo un attimo di smarrimento scoppiarono a ridere e conclusero che se le decisioni per il medio-oriente le avessero dovute prendere loro le cose si sarebbero risolte prima, e meglio.
Penso che neppure il più duro e puro padano avrebbe da ridire se si trovasse a conversare con un vicino affabile e cortese, di qualsivoglia etnia. Non riesco a comprendere il rifiuto a priori di una persona, motivata solo dal fatto che proviene da un altro paese. E che dire poi di quelli che qui sono nati e magari parlano  italiano o dialetto locale, meglio di noi, e si vedono rifiutare la nazionalità in quanto figli di extracomunitari?
Grazie alle frequentazioni internazionali di mia figlia ho avuto l'esperienza di parlare con persone nate e vissute in paesi molto diversi e lontani dall'Italia, come l'India o il Giappone, e vergognandomi un po', ho realizzato quanto fossero uguali i loro pensieri, paure, speranze alle nostre. Come è ovvio, infatti non sono marziani, non so proprio cosa potessi aspettarmi. Semmai qualcosa li diversifica da noi è a volte una maggiore apertura al nuovo e  voglia di conoscere "l'altro".
Oggi l'oste croato (nell'accezione latina del termine) che ci ospitava cioè nella sua trattoria, ad un certo punto parlando di certe abitudini americane in contrapposizione alle nostre, ha detto, sorprendendomi "Noi europei...".
Certo, noi europei, in questo pezzo di globo relativamente piccolo, siamo un popolo con molte cose in comune. E poco tempo fa, una giovane gentile signora toscana, vedendomi in difficoltà nel fare le scale, mi ha offerto il braccio dicendo: "Si lasci aiutare, ovvia, siamo esseri umani!"
Ecco queste stille di buonsenso popolare hanno parecchio da insegnare nella loro lampante semplicità.

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