martedì 8 dicembre 2009

Cous cous a colazione.

Vorrei tornare sull'argomento degli extracomunitari, dei "rom", delle persone di colore (giallo, nero, nocciola) che vivono nel nostro paese e che cercano di integrarsi. Non parlo ovviamente di chi delinque, questi vanno senz'altro giudicati e puniti (eventualmente espulsi) nè più nè meno degli italiani che delinquono, a qualsiasi strato sociale appartengano. Leggi modulate sulla tipologia della persona sono assurde, razziste e immorali. E se il cardinale Tettamanzi lo dice, fa solo parte del suo dovere di buon cristiano, ma soprattutto di guida di quelli che si professano cristiani e invece sono quanto di più lontano dalla dottrina cristiana si possa immaginare.
Certamente è facile pontificare in teoria, se ci si trova nella mischia, se si viene rapinati da un extracomunitario drogato, o se ci troviamo ad abitare vicino a un campo nomadi, magari il nostro atteggiamento diventa quanto meno "prudente". Proprio in queste situazioni bisogna vigilare anche sul nostro interiore senso di giustizia e mantenerci obbiettivi. Ma se la paura quando siamo scottati può trovare qualche giustificazione, il rifiuto preventivo del diverso (compresi gli anziani, handicappati e gay) è solo un atto di egoismo poco comprensibile.
A volte poi si tratta anche solo di "ignoranza" nel senso che ignoriamo quello che ci apprestiamo a rifiutare e ciò di cui abbiamo paura. Racconto a questo proposito un episodio che mi è successo ieri. Una mia conoscente, persona di mezza età, mite, buona e generosa, molto dedita alla famiglia, mi ha raccontato di aver saputo che nella mensa della scuola materna frequentata fino allo scorso anno dai suoi nipoti, oltre che da alcuni bambini di altre etnie, avevano introdotto una volta alla settimana un menù etnico. Al che ho risposto che mi sembrava una cosa giusta e utile anche ai bambini, ma lei prontamente ha risposto che invece le pareva una cosa negativa e che era ben felice che i suoi nipotini non frequentassero più quella scuola. Le ho allora chiesto se sapesse in che tipo di cibo consistessero questi menù etnici. Non lo sapeva, ma immaginava si trattasse di pietanze cinesi, come quelle dei ristoranti cinesi, o comunque qualcosa di strano e piccante. A sua discolpa devo aggiungere che la signora non è una appassionata di cucina e che mangia pochissimo. Le ho spiegato che io stessa cucino spesso in modo esotico: ad esempio il cous cous, insomma nient'altro che un semolino accompagnato da vegetali e carne o pesce. Non è forse adatto a un bambino? La sua indole mite l'ha indotta ad annuire e darmi ragione. Non sono sicura di averla convinta, però non posso fare a meno di pensare quanto poco basterebbe per comprendere un po' la cultura le abitudini e il mondo altrui, e quanti passi avanti potremmo fare con questo piccolo sforzo.
Per un bambino, anche padano, qualche raviolo a vapore e un po' di pollo alle mandorle non saranno certo più dannosi di cassoeula, e "broade e muset" (pietanza friulana a base di cotechino e rape acide).

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