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martedì 22 aprile 2008
Cuistion di lenghe (1° puntata)
"Furlani go home" Questa scritta di origine linguistica mista, imbrattava un muro dell'università di Trieste nel 1967, anno della mia iscrizione. A me che venivo dal Piemonte suonava di significato oscuro, mi domandavo, nella mia ingenua vaga cognizione geografica, perchè un friulano dovesse essere rimandato a casa da Trieste, capoluogo del Friuli Venezia Giulia. Ho capito dopo che la differenza stava proprio in quel Venezia Giulia, che segue, ed è una cosa distinta e diversa dal Friuli nella concezione dei suoi abitanti. Nell'epoca ( o poco dopo) in cui il maestro Manzi, alfabetizzava il popolo, e insegnava l'italiano nell'unico canale della RAI TV, a Vercelli, da dove provengo, Trento e Trieste erano due città accomunate non solo da reminescenze storiche, ma pure unite fisicamente, e frì-uli si pronunciava con l'accento sulla "i" e non friùli, come invece va pronunciato. Con questo bagaglio culturale come potevo capire le scritte anti-friulane degli studenti triestini? E tantomeno potevo comprendere l'orgoglio "furlano" degli studenti provenienti da Udine e dintorni, che mi spiegavano che il dialetto parlato da loro non è un dialetto ma una vera e propria lingua o lenghe furlane, e che per integrarmi dovevo sforzarmi di capirla e magari parlarla. Sarà stato per questo insistente declamarmi le virtù della nobile parlata derivante direttamente dal Ladino (non come gli altri dialetti, cenerentole storpiature dell'italiano) oppure perchè ero troppo felice di saper parlare un italiano corretto e senza inflessioni, non so, ma questa storia della lingua ha subito incominciato a infastidirmi. A Vercelli parlare in dialetto era un indice di scarsa scolarizzazione e poca cultura. A scuola la maestra puniva severamente chi nel tema scriveva "ANCIUGHE" balorda traduzione del piemontese "anciùi", invece qui ho scoperto esistere già nel 1967 la "Filologica Friulana" che valorizzava la parlata dialettale, e il "Movimento Friuli", un antesignano partito leghista in erba. Privilegiata in quanto figlia di una toscana e un marchigiano trapiantati a Vercelli, e quindi per non far torti, in una famiglia che comunicava in purissimo italiano, non ho compreso e non comprendo neppure adesso questo revanscismo dialettologico, che si sta espandendo a macchia d'olio. Come ebbe a dire Pasolini, il tempo «ha contribuito a rendere arcaici» i dialetti, allo stesso modo in cui l'avanzata del progresso tecnologico ha respinto ai margini quel mondo rurale, chiuso nell'immobile ciclicità del tempo e sostanzialmente estraneo al dinamismo del tempo aperto della modernità. Sulla questione se si tratti, e come si possa distinguere una lingua da un dialetto, rimando alla dissertazione di questo Prof. Antoniani che la sa lunga. Sul perchè mi sono sempre più incancrenita nell'ostilità alla lenghe furlane, rimando alla prossima puntata.
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4 commenti:
Non mi aspettavo proprio un finale simile per questo post, non avevo colto all'inizio questa grande ostilità verso la lingua friulana. Da friulana, devo dire che sono rimasta piuttosto stupita e sono davvero curiosa di leggere la 2 puntata per capire meglio... ci tengo però a precisare che ogni dialetto e ogni lingua locale rappresentano l'intera cultura del luogo, che non deve mai andare persa, per non dimenticare le proprie origini e tradizioni...
e perche` nel 67 non ti sei chiesta come mai non ci fosse scritto "bisiachi go home" sulle mura universitarie???
eh?? eh??
(maledetti friulo-vercello-triestini)
A Lunacandida devo dire che in realtà mi sono espressa male. Non sono ostile alla lingua friulana (o bisiaca,o sarda) in sè, sono ostile alla strumentalizzazione che si fa delle cosidette lingue minoritarie, sulle ragioni, sarò più esaustiva nella 2° puntata. La cultura e le tradizioni sono cose a cui non bisogna rinunciare assolutamente, ma ci sono delle precisazioni da fare..
Caro Ermes, chi ti ha detto che non c'era la scritta: "bisiachi go home"? C'era, c'era, e anch'io c'ero...maledetti emigrati in olanda!
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