Perbacco! sono colpita da questa disparità fra il numero di parole necessarie a leggere e capire Dante e scrivere in una chat, 100 volte di più! E tra l'altro quelle poche parole sono anche usate in modo storpiato abbreviato e scorretto. Nei "forum"(eccetto quello di enigmistica che frequento, per cultori di lessico) e nei siti di chat, leggo un sacco di "ke" "ki" "nn" "sn"e altre sigle cifrate. Non parliamo poi degli errori di ortografia veri e propri. Accenti questi sconosciuti, "a" con H e senza H a sproposito, tempi e modi da incubo, doppie che assenti o presenti dove non sono richieste. Forse è sbagliato fare i puristi, la lingua sta cambiando, in fondo anche dal latino al volgare c'è stata un evoluzione "in peggio" se vogliamo. Quindi probabilbente è giusto imbarbarirsi.
Ma non è questo l'argomento su cui voglio soffermarmi, magari sull'evoluzionismo linguistico ci tornerò, oggi vorrei riflettere sull'uso e abuso di certe parole entrate nel parlare comune. Per seguire un ordine alfabetico partirei dall'avverbio "ASSOLUTAMENTE".
Dal dizionario De Mauro online . Sinonimi : al cento per cento, appieno, completamente, del tutto, in assoluto, in pieno, interamente, pienamente, totalmente, affatto. Contrari: in parte, parzialmente, relativamente in maniera assoluta, senza limitazioni o restrizioni: governare a. Significato: completamente, del tutto: la tua è una preoccupazione a. irrazionale, è una risposta a. sbagliata | come risposta, con valore affermativo o negativo a seconda del contesto: «sei d’accordo con me?» «a.!» (affermativo), «non sei d’accordo con me?» «a.!» (negativo)
Pare che sia chic usare "assolutamente" invece dei soliti e banali monosillabi si e no. Propongo di utilizzarlo anche nelle cerimonie nuziali. "Vuoi tu Pinca sposare il qui presente Pallino?" "Assolutamente". E parte per il viaggio di nozze con un altro.
Procedendo, nelle conversazioni di un certo livello, mi trovo spesso a tu per tu con "PIUTTOSTO CHE". Sempre il De Mauro cita: piuttosto che loc.cong. invece di, anziché: p. che perdere tempo, comincia a studiare | pur di non: p. che uscire con lui sto a casa.
L'uso chic invece prevede: Ieri sera a cena mangiato pasta, piuttosto che pollo piuttosto che mele. E il senso non è quello di mele al posto di pollo, al posto di pasta, bensì: pasta e pollo e mele.
Questi sono sono due esempi, ma potrei proseguire e diventare tediosa. Non chiedetemi perchè sia di moda usare questi avverbi e locuzioni in maniera inesatta, penso che a volte scatti nella mente la sindrome del pappagallo, per cui una cosa sentita mi piace e la ripeto senza sapere bene perchè. Gli psicologi del comportamento sfruttano queste cose per l'incitrullimento pubblicitario, tattica usata da qualcuno anche in politica.
Idem dicasi per certe parole desuete, vedi "esaustivo" termine pomposo per dire "esauriente" o "completo", un dì qualcuno le rispolvera e quindi te le ritrovi poi ad ogni piè sospinto.
Ma la chicca delle chicche sono le parole straniere. Ai miei tempi erano molto in voga quelle francesi: moquette, abat-jour, soufflé, croque en bouche, tombeur de femme, ça va sans dire, eccetera. Era appannaggio di una certa superiorità culturale e di savoir vivre usarle.
Oggi è la volta dell'anglofono. Mi si obbietterà che per molti termini informatici e tecnici, non ci sono equivalenze in italiano altrettanto efficaci: "calcolatore ad uso personale" non è la stessa cosa di "personal computer" anche chiamato in confidenza PC. E' possibile.
Però spesso il termine inglese è usato snobisticamente. Privacy, competitor, photobook, premier, first lady, ne sono esempi.
Altre volte l'inglese serve ad abbellire. La parola che leggo di più ultimamente è "escort", il termine inglese che significa "scorta" militare o "accompagnatore" nel senso buono. Ho appena scoperto (beata ignoranza) che al femminile ha tutt'altro significato. Non si finisce mai di imparare.
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